Le cartiere e le fornaci
In località “Grotta”, sono visibili i locali e le strutture di una cartiera alimentata con energia elettrica e funzionante fino agli anni Cinquanta. Oltre ad essa, altre cartiere e fornaci sono sorte nel territorio pratese, e svolgevano un ruolo fondamentale per l’economia del posto, soprattutto con le attività dell’indotto (legna per alimentare le caldaie e produrre energia e calce per l’impasto dal quale poi si produceva la carta con il relativo trasporto; la prima veniva ricavata dagli ampi boschi della zona, mentre la seconda era ricavata dalle calcare fatte da persone esperte).
Già prima del 1889 esistevano due cartiere di proprietà dei fratelli Procacciante, nelle quali si produceva la carta a mano e dove lavoravano circa venti persone, mentre nella fornace annessa vi lavoravano altri sette operai.
Il mulino
Lungo il fiume Lete, nei pressi del ponte romano, in loc.Porta di Lete, possiamo ammirare uno splendido mulino ad acqua appena ristrutturato che fino agli anni Cinquanta svolgeva la funzione di macinare il grano e gli altri cereali. Il trasporto di questi materiali avveniva con il carretto o a dorso di asino o di mulo; a spalla per gli uomini e sulla testa per le donne facendo uso di sacchi.
Già dal 1500, lungo le rive del fiume, erano in funzione vari mulini ad acqua e, da un documento del 1810, si evince che all’epoca, in Prata, funzionava un mulino ad acqua di proprietà comunale con una rendita annua di 10 ducati.
Dopo il recente intervento di ristrutturazione, l’edificio ospiterà un museo di archeologia industriale.
La centrale idroelettrica
Ai primi del Novecento l’Amministrazione Provinciale di Caserta concesse alla società elettrica della Campania la derivazione delle acque del fiume Lete prima dell’immissione nelle grotte di Cauto e una parte di terreno in contrada Rava, fino al mulino, al fine di poter costruire in Prata una centrale idroelettrica, ivi comprese le abitazioni dei dipendenti, oltre che le strade di accesso.
Per realizzare quest’opera di alta ingegneria, agli inizi del 1907, la Società Meridionale di Elettricità con sede in Napoli, costruì, al di sopra della Grotta di Cauto una diga di sbarramento del fiume Lete, alta trenta metri e del tipo a gravità, realizzando così a Letino il lago che serviva come bacino idroelettrico.
Queste acque del lego furono convogliate in una tubatura in ferro posta all’interno di una galleria, ottenuta perforando la parte rocciosa, della lunghezza di circa 900 metri, che sbucava sul versante di Prata Sannita e, da questo punto, continuava la condotta forzata lungo la costa della montagna. Tutta la lunghezza della condotta era di circa 1800 metri e l’acqua in essa convogliata scendendo dall’alto azionava le turbine della centrale costruita più a valle e contenente i relativi macchinari ( turbine, alternatori, trasformatori e apparecchiature varie ).
La centrale idroelettrica, chiamata anche Officina Lete o Centrale Lete, fu inaugurata nel 1910. La stessa rimase in funzione fino al 31 ottobre 1943, data in cui fu fatta saltare in aria dalle truppe tedesche, che battevano in ritirata di fronte agli attacchi delle truppe alleate
Un’altra centrale fu costruita tra il 1946 e il 1947 e ubicata, questa volta, alle falde della montagna, e operativa fino al 1969, in quanto le acque del Lago di Letino furono versate attraverso una condotta forzata nel lago artificiale di Gallo Matese per alimentare la centrale idroelettrica di Capriati al Volturno, ma sono sfruttate anche per il funzionamento della centralina di Gallo.
Questo maestoso impianto, frutto della tecnica e del progresso degli anni ’50, è stato, fino a che funzionante, il fiore all’occhiello per Prata in quanto era una delle poche centrali che forniva una notevole quantità di energia, anche oltre i confini dell’Italia e, attraverso la SETAC, forniva energia al paese.
Molti degli operai che vi lavoravano risiedevano negli alloggi costruiti presso la centrale stessa e alcuni di essi si stabilirono a Prata, mettendo su famiglia.
Purtoppo, ora ci sono solo i ruderi delle due vecchie centrali e, ben visibile, la condotta vuota che scende giù dalla montagna.
LUOGHI D’INTERESSE NATURALISTICO
IL FIUME LETE
Il Lete, affluente di sinistra del Volturno, lungo circa 20 km, nasce a Letino nei pressi del Monte Janara.
Bagna i territori di Letino, Prata, Pratella, Ailano ove sfocia nel Volturno.
Molti secoli addietro la portata del fiume era molto più abbondante, ragion per cui, stante la natura carsica della roccia, si ebbero nei viari punti della falda e della montagna varie erosioni.
E’ alimentato da due ruscelli che percorrono “Rava la noce” e “Rava Matese” e da cinque sorgenti che scaturiscono dal sottosuolo, nella Piana delle Secene a Letino.
Nel tempo passato e fino a qualche decennio fa, per mancanza di ponti, il fiume era traghettato, durante i periodi di magra estiva, a guado o sopra i caratteristici “passaturi” di pietra oppure su dei passaggi improvvisati fatti di tronchi di faggio.
Lungo il primo tratto del suo corso, viene sbarrato con una diga e forma il lago artificiale di Letino, di cui una parte delle acque viene convogliata in speciali tubature che attraversano la montagna e sboccano nel lago di Gallo che alimenta la centrale idroelettrica di Capriati a Volturno.
Un’altra parte, invece, s’inabissa, in un inghiottitoio e scorre sotterraneo per circa 500 metri, formando le bellissime grotte di “Caùto”, cavità carsiche, ricche di stalattiti e stalagmiti, abitate da piccoli crostacei bianchi privi di occhi e da una rarissima farfalla dagli occhi fosforescenti: l’”apopestra spectrum”.
Riaffiora 200 metri più in basso, oltre il rilievo che ne tronca la valle, in territorio di Valle Agricola. Attraverso le grotte di “Caùto” e formando una suggestiva cascata, entra nel territorio di Prata Sannita.
Inizia il suo corso inferiore lasciando, a sinistra, la vecchia centrale idroelettrica, bombardata nel 1943 e a destra, la nuova, costruita fra il ’46 e il ’49, ma disattivata negli anni ‘60 in quanto ritenuta “sorpassata”.
Più a valle, due vecchi mulini: del primo sono visibili solo alcuni ruderi; il secondo, invece, molto meglio conservato, è in via di ristrutturazione.
Tra i due mulini, appena fuori dalle mura di cinta del Borgo Medioevale, in posizione elevata rispetto al fiume, sorge una vecchia cartiera, dimessa intorno agli anni Sessanta, all’interno della quale, però, sono ancora ben visibili i macchinari usati all’epoca per produrre la “cartapaglia” ricavata da un impasto di paglia, acqua bollita e latte di calce, pressata attraverso speciali rulli e lasciato ad essiccare all’aria su apposite reti metalliche.
Raccontano gli anziani che, lungo il percorso fino alla cartiera, la paglia veniva trasportata a dorso di asini o su carri: quando questi ultimi erano troppo pesanti, nei tratti più ripidi venivano trainati da coppie di buoi dati in affitto da alcune famiglie del luogo.
Dal punto di vista storico – artistico, il tratto più suggestivo è, sicuramente, quello sul quale si affaccia il Borgo Medioevale (IX – XI sec.) dominato dal Castello, di costruzione longobarda.
Tra i “gioielli” del luogo, vanno annoverati:
la Chiesa di Santa Maria delle Grazie e le “case torri” nel cuore del Borgo, con un tratto di mura merlate ben conservate; il ponte romano sul Lete, con la tipica conformazione “a schiena d’asino”.
In contrada Rio riceve le acque dell’omonimo ruscello.
Questa zona è attrezzata a verde pubblico, ben gestita, e frequentata, durante il periodo estivo, da tantissimi
campeggiatori e “turisti della domenica”.
Le grotte del Lete
Situate al di sopra alla Diga del Lago di Letino, su due piani paralleli distanti
mediamente 89 metri l'uno dall'altro, esse sono di indescrivibile bellezza, con
giochi di stalattiti e stalagmiti.
La galleria superiore si incunea nella montagna e presenta una folta vegetazione e molte piccole cascate del fiume che precipita verso la Valle del Volturno.
Quella inferiore è scavata nella roccia dalle acque del Lete.
Le grotte non sono ancora attrezzate in modo adeguato, e per la loro visita è oggi necessario servirsi di scale e di corde e farsi accompagnare da una guida, soprattutto se si vogliono raggiungere da Prata.
Gli splendidi fenomeni naturali di queste cavità carsiche, stalattiti, stalagmiti,
marmitte, concrezioni varie, ripagano però ampiamente della fatica
l'escursionista avventuroso.
La fauna della caverna annovera, oltre agi abitanti naturali di grotte e
caverne, un crostaceo acquatico bianco e privo di occhi, ed è particolarmente
frequente l'avvistamento di una farfalla dagli occhi fosforescenti, la stranissima “apopestra spectrum”.
Il Parco Regionale del Matese
Il territorio di Prata Sannita è inserito all’interno del Parco Regionale del Matese, istituito il 1°settembre 1993.
Il massiccio del Matese, in cui insiste il Parco, fa da confine naturale tra la Campania ed il Molise: comprende, infatti, le province di Caserta, Benevento e Isernia e si estende per 25000 ettari circa.
E’ un massiccio montuso dell’Italia Meridionale che con i suoi 2050 metri di altezza e i suoi vasti campi carsici ad oltre 1000 m s.l.m. offre ai visitatori bellissime escursioni, percorsi sci-escursionistici (fondo), alpinistici, attività speleologica, data la presenza di numerose cavità ipogee.
Limitato dai fiumi Cavaliere e Volturno, Tammaro, Calore, Lete e Biferno, racchiude una superficie di kmq 1440 tra le provincie di Caserta, Benevento, Isernia e Campobasso.
L’intera area è stata suddivisa in zone interne, discriminate in base alle caratteristiche idrografiche, carsiche, storico-archeologiche e alla presenza di specie faunistiche protette. La normativa, infatti, tende a conciliare l’esigenza della tutela ambientale con le necessità di vita degli abitanti.
Il fascino irresistibile del Matese è costituito dal suo mantello vegetale: faggi, larici, abeti rossi e bianchi, cedri, ontani, olmi, carpini tigli.
Foreste con preziose radure che in primavera e in estate vengono ricoperte da fiori ed erbe straordinarie molte di esse anche rare: la genziana, il giglio di S.Giovanni, la cinoglossa, l’achillea, l’origano, il sigillo di Salomone, l’issopo, le orchidee; i funghi pregiati quali i boleti, le le piote, le psalliote, le clavarie, i cantarelli, le geotrope, oltre alle velenose amanite e alla triade mortale.
Queste foreste ospitano anche una fauna molto ricca come lupi, volpi, cinghiali, fagiani, lepri, scoiattoli, tassi, faine, donnole, talpe. Vi si trovano anche picchi, allocchi, civette, gufi, falchi, ghiandaie, merli, corvi, mentre nei laghi di Letino e di Gallo e del Matese troviamo enormi carpe, lucci, tinche, persici, anguille; le rive sono popolate da uccelli acquatici di passo.
Lungo il fiume Lete, oltre alla trota comune, vive la trota fairo con l’elegante livrea argentata. Escursioni
Percorso 5A: Monte Favaracchi
( m. 1216 s.l.m. )
Piazza S. Pancrazio – Via Cantone - Via Canale - Via Pescheto
Altra base di escursione la vcchia e dimessa centrale dell’Enel.
Può essere raggiunta anche in auto percorrendo Via Roma e Contrada Acquaro con un’imponente vista sul castello.
Dislivello:m.889;
Tempo medio:3h -3h e 1/2
Percorso 5B: Lago di Letino
( m. 893 s.l.m. )
Per la Rava di Prata dalla dimessa cntralina dell’Enel.
Percorso affascinante che richiede molta attenzione.
Dislivello m.568;
Tempo medio:2h -2h e ½
Percorso 5C: Torricella ( m.648 s.l.m. )
Deliziosa escursione con il passaggio accanto ad una fresca sorgente che conduce in zone pascolive. Segnavia 5B fino alla centralina ENEL.
Dislivello m.323; Tempo medio: 1h -1h e ½